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Grandi fallimenti: 3 social network che dovevano cambiare la storia

I social network hanno trasformato il modo di comunicare. Hanno accorciato le distanze, reso più rapidi i passaggi di informazioni e (probabilmente) hanno contribuito a renderci meno capaci quando bisogna approfondire un argomento. Qualsiasi opinione, però, si abbia in merito relativo al mondo dei social network, è palese che adesso non ne possiamo fare a meno. Facebook, Instagram o il più recente Tik Tok (anzi, avete letto la nostra guida?) rappresentano tutte storie di successo, hanno milioni di utenti registrati e catalizzano la maggior parte del tempo passato online delle nostre vite. Tutto molto bello, indubbiamente. Nella storia recente dei social network ci sono però delle piattaforme che dovevano essere, ma non sono state. Dei social network che dovevano cambiarci la vita, ma che invece hanno fallito in modo implacabile. Noi di Futuroma abbiamo deciso di ricordare i 3 social network che, a nostro parere, rappresentano dei grandi fallimenti. Volevano lasciare il segno nel mondo, ma non ci sono riusciti.

Il social network made in Italy 

Nel 2015 Alfredo Ardegnhi e Francesco Cornaggia danno vita ad AppleKiss, un social network che ha anche la benedizione di un “grande esperto del digitale” come Francesco Facchinetti (già Dj Francesco). Una piattaforma 100% italiana che punta a offrire spazi a chi vuole farsi conoscere e raccontare la propria storia. Il punto di forza di questa community è lo storytelling, ogni utente infatti ha la possibilità di cimentarsi con la narrazione: creare un blog, caricare foto e scrivere articoli. Gli utenti potevano leggerli, giudicarli e commentarli. Se ti piace puoi lasciare un “kiss”. AppleKiss non solo fatica a partire, ma non riesce neanche mai a decollare. I mass media dell’epoca lo pomparono parecchio, a oggi di quel progetto non è rimasto nulla, anche l’indirizzo applekiss.com sembra non esistere più.

Più libertà, meno censura

C’è anche chi ha provato a essere l’anti-facebook. Un progetto veramente ambizioso, si chiama Diaspora e nasce nel 2012 dall’idea di quattro studenti della New York University che, dopo aver assistito a una lezione sulla privacy di internet, vogliono dare vita a un servizio open source di personal web, capace di dare agli utenti il controllo dei loro dati. Un social network, quindi, decentralizzato e autogestito dagli utenti stessi. Ognuno può gestire il proprio spazio con la massima libertà senza dover passare attraverso un server centrale. Diaspora è più libero, senza censura e con un controllo molto elevato dei propri dati personali. Appena debuttò i suoi sviluppatori dichiararono: “il disegno distribuito del nostro progetto significa che non sarà mai una grande società a controllare Diaspora. Diaspora non venderà mai la vostra vita sociale ad inserzionisti e non ci si dovrà mai conformare alle regole arbitrarie di qualcuno, né ci si dovrà guardare alle spalle prima di parlare“. Insomma, dei moderni pirati che volevano andare palesemente contro Facebook. Naturalmente non ci riuscirono, dopo il lancio iniziarono dei problemi di sicurezza e anche una tragedia privata (uno dei fondatori morì suicida). Oggi la piattaforma è ancora online, ma più che una nave pirata sembra un relitto abbandonato.

Un social network di successo (ma solo per un periodo)

Questo social network ha sicuramente il record di essere stato il primo a utilizzare l’idea della geolocalizzazione come strumento di interattività. Foursquare nasce nel 2009 e oltre a condividere la propria posizione e le proprie attività permetteva agli utenti di scambiarsi feedback, pareri e consigli su luoghi pubblici come bar, ristoranti e pub. Poteva essere considerato una sorta di Trip Advisor più intelligente e interattivo. Oltre a questo c’era anche una competizione tra gli iscritti: più si visitavano posti più si potevano vincere ricompense e diventare personaggi di rilievo nella piattaforma. Per un periodo fu molto di voga, ma con il passare del tempo gli utenti hanno iniziato a frequentarlo sempre meno fino a cambiare parte della sua natura. Adesso si è diviso in due diverse app e tutta la componente giocosa è stata trasferita, con scarsi risultati, in un altro progetto chiamato Swarm.

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